IL Verso L’InVerso

Parlare all’incontrario si può. O così sembra a guardare (ed ascoltare) da vicino l’esperienza del Verlan. Linguaggio in codice nato durante la seconda guerra mondiale per trasmettere messaggi criptati, il Verlan avrebbe potuto facilmente rimanere una curiosità, un divertissement intellettualistico, un jeu-de-mots. E’ stata la strada invece a dargli un nuovo impulso, come spesso accade per la lingua, la musica, le arti figurative, la moda…

Negli anni 70 e 80 i giovani delle banlieux ne hanno recuperato l’uso per non farsi capire dai poliziotti nel loro continuo ‘cacciaeladri’. Negli anni 90 il rap ne ha attinto a piene mani e ormai si è insinuato stabilmente tra le pieghe della lingua comune.

Ricordate quando da bambini si prendeva una parola, diciamo ad esempio ‘mondo’, la si scomponeva in sillabe, ‘mon-do’, se ne invertiva l’ordine, ‘do-mon’? Se poi si ripeteva il risultato ottenuto ‘do-mon-do-mon-do-mon…’ era facile risalire alla parola inziale. Questo è un po’ il principio del Verlan: ‘Ver-Lan-Ver-Lan-Ver…’, ovvero ‘L’Invers’. Non sto qui a spiegare le regole del ‘gioco’, che per una lingua con una fonetica e un’ortografia tutt’altro che ovvie non sono sempre immediate. Ci sono trattati di alto valore teorico e critico che hanno analizzato nel dettaglio tutta la fenomenologia del Verlan, ma non scordiamo che questo gergo non nasce nelle accademie! E’ l’espressione della creatività e della spontaneità del milieu giovanile. Il suo successo sta nella sua immediatezza, nel suo piacere sonoro, nella sua trasversalità. Alcune parole non hanno ormai più nulla di misterioso e al contrario sono entrate a far parte del ‘cefran’ (fran-çais) comune. Addirittura alcuni termini sono così diffusi e storicizzati da essere passati di moda e utilizzati solo dagli adulti che vorrebbero parlare come i giovani (niente di più orrendo). Il Verlan è in continua evoluzione, si sperimenta, si modifica, si arricchisce e si diversifica. C’è perfino chi, giocando con la fonetica, crea il Verlan del Verlan, tornando ad una parola simile a quella originale ma non identica… Non vorrei spingermi troppo oltre in questa giostra da far girare la testa!

Ho recentemente scoperto che anche in altre culture è presente questo linguaggio all’incontrario, nel tedesco per esempio, nonché dello spagnolo di alcuni paesi dell’America latina, e nel serbo-croato. I parigini hanno un loro rapporto ben preciso con il Verlan. Il parigino DOC è un cultore della lingua francese e della sua sacralità, non usa pertanto il Verlan, considerato volgare e cacofonico, ma darà prova di conoscerlo per non rischiare di sembrare fuori dal mondo. Il cittadino borghese userà parole di Verlan nell’atteggiamento di un nobil signore che va a mangiare in trattoria: c’è un po’ di goliardia, un po’ di autocompiacimento, un certo senso di superiorità. Poco importa.

Le Verlan…. c’est un truc de ouf!

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