I ritrattisti di Montmartre

Se ne vedono sempre di meno a Montmartre e quelli che resistono hanno un’aria strana, impersonale, a volte perfino aggressiva.

Nei dintorni di Place de Tertre sono un’istituzione, una presenza storica imprescindibile. I ritrattisti sono una specie a sé stante e hanno ben poco da condividere con i pittori che espongono le proprie opere (per lo più vedute della città) seduti sui loro sgabelli da registi o pescatori.

Girano a piedi con il proprio blocco in mano e cercano di attrarre i turisti con frasi standard ripetute in tutte le lingue. Dicono quasi sempre ‘sei bellissima/o’ e ‘vorrei farti un ritratto speciale’ o cose simili. Hanno alle spalle anni e anni di esperienza, come i cugini di Piazza Navona a Roma. Per esercitare la professione hanno dovuto richiedere uno specifico permesso dal comune: qui non si scherza con le normative in vigore.

Mi capita di conoscere uno di loro ad una serata privata su una ‘peniche’ (barcone) lungo la Senna. E’ marocchino di Rabat e fa il ritrattista da oltre vent’anni. Indossa una camicia bianca con maniche a sbuffo, un gilet nero di velluto e una gavroche rossa. Neanche a dirlo porta anche un basco nero: lo stereotipo è rispettato al 100%.

Mi racconta che dei ritrattisti di Montmartre nessuno è di Parigi e ben pochi sono francesi di origine. Nessuno di loro ha studiato arte o disegno ma con una mano ‘felice’ e tanta pratica hanno imparato il mestiere soprattutto sulla strada. Molti -a suo dire- sono di vari paesi del Maghreb, parlano diverse lingue e vivono nelle banlieux meno abbienti della città.

Mi faccio fare un ritratto che si trasforma ben presto in una caricatura –credo- perché io non ho decisamente né quel naso né quel mento, questo è certo. Risultato un po’ semplice/mediocre/deludente.

Alla fine mi chiedo se resti ancora qualche traccia di autenticità in tutto questo ma temo che i ‘veri’ ritrattisti di Montmartre non siano ormai che un lontano ricordo.

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