IL Verso L’InVerso
- Posted by Flavio Scaloni
- on Ott, 12, 2012
- in Corrispondenze da Parigi
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Parlare all’incontrario si può. O così sembra a guardare (ed ascoltare) da vicino l’esperienza del Verlan. Linguaggio in codice nato durante la seconda guerra mondiale per trasmettere messaggi criptati, i
l Verlan avrebbe potuto facilmente rimanere una curiosità, un divertissement intellettualistico, un jeu-de-mots. E’ stata la strada invece a dargli un nuovo impulso, come spesso accade per la lingua, la musica, le arti figurative, la moda…
Negli anni 70 e 80 i giovani delle banlieux ne hanno recuperato l’uso per non farsi capire dai poliziotti nel loro continuo ‘cacciaeladri’. Negli anni 90 il rap ne ha attinto a piene mani e ormai si è insinuato stabilmente tra le pieghe della lingua comune.
Ricordate quando da bambini si prendeva una parola, diciamo ad esempio ‘mondo’, la si scomponeva in sillabe, ‘mon-do’, se ne invertiva l’ordine, ‘do-mon’? Se poi si ripeteva il risultato ottenuto ‘do-mon-do-mon-do-mon…’ era facile risalire alla parola inziale. Questo è un po’ il principio del Verlan: ‘Ver-Lan-Ver-Lan-Ver…’, ovvero ‘L’Invers’. Non sto qui a spiegare le regole del ‘gioco’, che per una lingua con una fonetica e un’ortografia tutt’altro che ovvie non sono sempre immediate. Ci sono trattati di alto valore teorico e critico che hanno analizzato nel dettaglio tutta la fenomenologia del Verlan, ma non scordiamo che questo gergo non nasce nelle accademie! E’ l’espressione della creatività e della spontaneità del milieu giovanile. Il suo successo sta nella sua immediatezza, nel suo piacere sonoro, nella sua trasversalità. Alcune parole non hanno ormai più nulla di misterioso e al contrario sono entrate a far parte del ‘cefran’ (fran-çais) comune. Addirittura alcuni termini sono così diffusi e storicizzati da essere passati di moda e utilizzati solo dagli adulti che vorrebbero parlare come i giovani (niente di più orrendo). Il Verlan è in continua evoluzione, si sperimenta, si modifica, si arricchisce e si diversifica. C’è perfino chi, giocando con la fonetica, crea il Verlan del Verlan, tornando ad una parola simile a quella originale ma non identica… Non vorrei spingermi troppo oltre in questa giostra da far girare la testa!
Ho recentemente scoperto che anche in altre culture è presente questo linguaggio all’incontrario, nel tedesco per esempio, nonché dello spagnolo di alcuni paesi dell’America latina, e nel serbo-croato. I parigini hanno un loro rapporto ben preciso con il Verlan. Il parigino DOC è un cultore della lingua francese e della sua sacralità, non usa pertanto il Verlan, considerato volgare e cacofonico, ma darà prova di conoscerlo per non rischiare di sembrare fuori dal mondo. Il cittadino borghese userà parole di Verlan nell’atteggiamento di un nobil signore che va a mangiare in trattoria: c’è un po’ di goliardia, un po’ di autocompiacimento, un certo senso di superiorità. Poco importa.
Le Verlan…. c’est un truc de ouf!
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