La ricerca della casa a Parigi

Sulla ricerca di una casa a Parigi si narrano vicende epiche e avventure rocambolesche. Ovviamente non credevo a nessuna di queste prima di provare sulla mia pelle una delle esperienze più difficili (e ahimé umilianti) della mia vita. Se si è single o una giovane coppia, magari alla prima esperienza di lavoro, meglio dimenticare da subito i sogni di gloria.

Il mercato immobiliare di Parigi è spietato: uno dei più cari al mondo e con un’offerta spropositatamente inferiore alla domanda. Per potersi permettere un appartamento degno di questo nome bisogna guadagnare decisamente molto bene. Le porte sono aperte soprattutto a professionisti super affermati e facoltosi investitori stranieri.

In città è legale affittare le cosiddette ‘studette’ a partire da 9 metri quadri, ed in effetti di annunci per sistemazioni di 14/15 mq ce ne sono molti, per lo più al sesto piano senza ascensore. Prezzo medio tra i 500 e i 600 euro.

Dai 17/18 mq fino ad un massimo (quasi mai raggiunto) di 30, si parla di ‘studio’, ovvero monolocali più o meno attrezzati e/o arredati. Spesso una mano di pittura sarà sufficiente per proporre lo studio come ‘interamente ristrutturato’. La dura realtà è che ci si imbatte fin troppo spesso in situazioni fatiscenti (e maleodoranti). L’ascensore è un lusso nient’affatto garantito. Il riscaldamento è solitamente elettrico, diffuso da radiatori che sembrano provenire dalla Germania Est della DDR. La sedicente ‘salle de bain’ è minuscola e, ça va sans dire, senza bidet (questo aspetto a lungo dibattuto meriterebbe un approfondimento a sé, basti pensare che in un vecchio appartamento degli anni ’50 dove l’‘inutile‘ sanitario era ancora presente i proprietari si sono precipitati a rassicurarmi che lo avrebbero prontamente rimosso di lì a breve). Il prezzo medio per questi affari si aggira tra gli 800 e i 1000 euro, spese escluse.

Quando un nuovo annuncio fa la sua comparsa in internet, bisogna essere tra i primi tre fortunati concorrenti che contattano il proprietario. Se si chiama oltre questo numero, forse si otterrà ancora un appuntamento per la visita, ma francamente sarà tempo sprecato: con ogni probabilità l’appartamento sarà già stato affittato.

Al telefono parte la prima selezione, eh già, perché è il proprietario che sceglie il ‘candidato’, quasi più di quanto non sia l’inquilino a scegliere la propria abitazione. Le domande di rito sono sempre le stesse: che tipo di contratto di lavoro si ha e qual è lo stipendio netto. È abbastanza shockante come i proprietari, degli illustri sconosciuti evidentemente, chiedano a brucia pelo l’ammontare del salario, ma tant’è. Questa pratica radicata quanto sgradevole si fonda sul principio che il candidato debba dimostrare di avere nelle proprie disponibilità mensili un cifra tre volte superiore all’affitto. Se come ho detto la media del costo di uno studio si attesta sui 1000 euro, i conti sono presto fatti.

Ad ogni modo, se si ottiene l’agognato appuntamento, bisogna presentarsi con il proprio dossier alla mano (vedi ‘Il dossier’) e una buona dose di pazienza. Non è raro ritrovarsi a dover fare la fila per le scale o sul pianerottolo insieme agli altri candidati, alcuni dei quali accompagnati da genitori o parenti.

Già, perché per potersi aggiudicare il prestigioso studio di 20 mq a soli 1000 euro non è sufficiente godere di un contratto a tempo indeterminato ed uno stipendio di tutto rispetto, bisogna anche presentare un garante! Il garante firmerà su carta semplice che coprirà l’affitto in caso di inadempienza dell’inquilino, ma per poter offrire una solida garanzia dovrà avere anch’egli/ella una disponibilità di tre volte la cifra, al netto delle proprie spese di ulteriori affitti, mutui, prestiti.

Mi hanno peraltro spiegato che richiedere un garante è di fatto una pratica illegale, ma l’abitudine è difficile da sradicare e tra chi ne ha uno e chi non ce l’ha, beh, come già segnalato il dossier deve essere il più completo possibile. A buon intenditor…

L’apice della vicenda lo si raggiunge quando, dopo essersi precipitati all’appuntamento dal lavoro, con il dossier in carta pergamenata in un raccoglitore di velluto rosso, dopo mezzora di fila sul pianerottolo, il proprietario si affaccia alla porta dell’appartamento e annuncia la terribile notizia: ‘J’ai déjà fait affaire’ (ho già concluso l’affare), evidentemente con un candidato più ricco, più garantito e più figo di te. A quel punto la fila si dissipa senza che nessuno batta ciglio, come fossero già tutti preparati all’ineluttabile destino.

L’assurdità della situazione spinge molti ad accettare soluzioni estreme e ad esserne paradossalmente anche entusiasti: ‘Ho trovato uno studio di 23,3 mq a 1000 euro! Certo è al sesto piano senza ascensore, non c’è una vera cucina, il bagno è senza finestra, gli affacci danno nel cortile interno e la moquette puzza un po’ di muffa… ma ha quell’aspetto così bohémien che mi fa sentire un parigino doc.’

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