Il Circolo intervista Iago (Roberto Sannino)

Non è possibile decidere di essere poeti, probabilmente si scopre semplicemente di esserlo. È d’accordo con questa affermazione?
Non credo al poeta costruito. Ci sono dei forti segnali che se seguiti con il giusto coraggio ti introducono in una dimensione di estrema sensibilità; com’è successo a me qualche anno fa. Serve coraggio perché oggi più che mai, il poeta subisce ogni tipo di radiazione emotiva, spesso deleteria per lui. Per fare un esempio, immagini il poeta come un individuo che transita, senza protezione, in una centrale atomica appena esplosa (la realtà), alla fine lui ne esce vivo ma segnato nel fisico e nell’animo.
E questa sorta di degradazione progressiva può solo sposarsi con la disillusione di chi riceve il messaggio poetico: gli operai della centrale (in ultima analisi noi stessi). Come ha giustamente detto Alda Merini “il poeta è un liocorno, nobile e fiero ma comunque solo”.

A tale riguardo, potrebbe descriverci, a partire dalla sua personale esperienza, quale sia la situazione della poesia in Italia oggi?
Nel nostro paese ci sono state, ci sono e ci saranno grandi genialità. Forse le più grandi. Il nostro patrimonio non è stato valorizzato. Il messaggio di chi ci ha preceduto non è stato completamente compreso e diffuso. Mi riferisco, in questo caso, a poeti e scrittori nostrani.
Oggi le nostre case editrici cercano l’approvazione degli esterofili, togliendo spazio a molte valide menti interne. Lo scarso potere penetrante della poesia, ed in misura maggiore della scrittura nel senso più ampio, sono tra i responsabili della scarsa emotività dei nostri giovani. Io la chiamo “senilità giovanile”. Oggi servirebbero editori coraggiosi e non editori accomodanti che propongono poeti che non fanno altro che riprendere vecchi concetti e riproporli, costruendo la cosiddetta poesia da intrattenimento o versi fast food.

Nelle sue liriche convivono aspetti distruttivi ed altri creativi, destinati a fare spazio perché il nuovo irrompa: privilegia uno dei due? Nella genesi poetica che la contraddistingue riconosce una motivazione, magari sociale, che sia più forte dell’istinto creativo?
Cerco di trasmettere uno stato di perenne agitazione in cui si fondono principi in antitesi, perché ritengo che una nuova rotta possa essere tracciata solo facendo esplodere insieme due direzioni opposte che alla base hanno un fondamento comune: l’origine di un nuovo senso di marcia.
Quando scrivo non ho mai chiaro cosa scriverò, anzi ne sono completamente all’oscuro.
La mia è una poesia di tipo automatico. Senza correzioni e di getto. Ogni mio componimento è istintivo, e non esistono brutte copie. È come un parto. Ogni giorno metto al mondo figli nuovi, almeno dieci. Non c’è prevalenza di motivazioni. A decidere è soltanto quello che giornalmente assorbo… “l’immaginifica creatività” fa il resto.

Il rapporto con Dio che pervade il suo lirismo è intimista e quasi onnipresente. Come è nato questo dialogo con l’Assoluto?
Mi sento parte integrante di un progetto dalle geometrie sconosciute. Un piccolo ed insignificante essere in grado di fare grandi cose. L’Assoluto è un arbitrario punto di riferimento al quale mi rivolgo spesso… proprio perché mi circonda in ogni istante di tempo.

“Il tuo nome delinea ciò che sei, il tuo spirito sprofonda nella mia pelle, come un aratro su un campo non seminato. Ti presenterò a loro e poi ti perderò, questo è il mio compito. Sarai mercanzia di per il pluralismo; un abito da indossare per ogni occasione, ed una lacrima da versare in ogni dolore…”. Chi è “l’altro” nei suoi versi?
Semplicemente la poesia. Oggi Lei ha scelto me per non so quali scopi. Spero di poterla ripagare, magari contribuendo a costruire quel ponte che la conduca verso il futuro… intatta e definitiva. I nomi spesso spariscono, Lei non dovrà mai mancare.

Una curiosità personale: la possibilità della Salvezza, della felicità, della redenzione, per Iago esiste?
Assolutamente no… se Iago fosse veramente felice non riuscirebbe a scrivere neanche un verso.

Le scelte tematiche condizionano il suo modo di comporre versi o al contrario crede nella bellezza del dettaglio sonoro e simbolico?
La musicalità costituisce una componente essenziale nella morfologia del verso, come anche la metrica. Credo nella sonorità, pur tuttavia sono convinto che un testo poetico stonato ma con un buon contenuto si possa preferire ad un altro dai contenuti scarsi anche se tecnicamente migliore. Nel mio caso, alla fine di ogni componimento, noto con sorpresa che tutto si regge bene. Per sopravvivere oggi, la poesia deve arrivare, contagiare e sopra ogni altra cosa rimanere.

Intervista di Francesca Caputo

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