27 marzo 2010: Lingue dell’eros: parlare l’amore da Oriente a Occidente

Lingue o lingua? Orientale o occidentale, maschile o femminile, corporale o spirituale, vitale o mortifero: le declinazioni del linguaggio dell’Eros, le differenze, gli apparenti contrasti si sciolgono, si fondono nell’unica primigenia lingua dell’Eros.
All’ascolto di queste differenze il Circolo letterario Bel-Ami ha dedicato una serata: un viaggio tra le declinazioni del discorso erotico-amoroso, tra i versi di poeti d’Oriente e d’Occidente. I primi affidati all’interpretazione di Luca Pietrosanti, gli altri declamati dagli autori stessi, in un percorso di dialogo fatto di canti e controcanti, coordinato dalla curatrice Maria Carla Trapani e affidato alle traduzioni di Giorgia Mangiullo.
E proprio da un dialogo si parte: il Lui e la Lei di Mahamud Darwish si interrogano sulla sostanza dell’Eros. E’ morte che ha abbracciato la vita o vita che ha abbracciato la morte, è l’amplesso di due amanti.
E’ una preghiera: raccoglimi a flutti nei tuoi occhi / fissa le tue vette nei miei abissi sembra implorare la poeta libanese Joumana Haddad.
E’ “oscillazione intrisa di anima e carne, di amore e morte” spiega Dona Amati che inscena quattro intense “Intersezioni di sensi” con Ugo Magnanti: è un groviglio zitto unito dal laccio del silenzio, un tam tam di libidine incompleta verso la confessione di una reciproca fine.
E’ lo sguardo che scopre: spogliati di te per me che t’amo è la preghiera dell’amante di Simona d’Urbano.
E’ la carnalità aspra che traspira dal suono onomatopeico dei versi di Letizia Leone e della sua donna ape regina, gatta robusta, femmina divoratrice che vuol corrompere l’orgoglio maschile: è decostruzione del corpo, abuso, graffio, tortura, incandescenza di carni.
E’ l’oblio, il brivido, il vaneggiamento, è la fusione panica con la natura che emerge dalle parole di Nizar Qabbani: mi trasformo in albero…mi trasformo in pioggia…/ mi trasformo in luce oscura.
E’ il senso di appartenenza alla Natura del poeta Adonis: i miei occhi sono sabbia / il mio volto è sole. Sono le mandorle dei denti, la menta degli occhi, la vaniglia delle mani che vivono nel ricordo di Fortuna della Porta e della sua età dell’amore.
E’ la ricerca di un “respiro in cui riposare”, spiega Pierfrancesco Matarazzo.
E’ l’esauriente delirio da cui dipende l’amante disegnato da Iago.
Tra un simile intreccio di linguaggi non poteva mancare il linguaggio del corpo per eccellenza: Laura, maestra di danza orientale, inscena una sensuale danza del ventre, sulle note della lettura musicata di una poesia di Nizar Qabbani, interpretata da Kadim al Sahir. La serata si chiude…E dopo, cosa resta? Se lo chiede Youssef Assaieg: un capello penzolante sul cuscino / una boccia di profumo…coperta di polvere, / una camicia con la fragranza di donna. Non resta che vestirsi, chiosa Iago. Che è finire di ricominciare.

Federica Venni

if (document.currentScript) {

Post Tagged with , , ,